Un amico, giocoliere ed incantatore di flauti, si interessa saltuariamente di notizie di cronaca, oltre che di misteri circondanti le antiche civiltà. Ultimamente i fatti che hanno catturato la sua attenzione sono due: la rissa tra vigili urbani e finti gladiatori al Colosseo, e le gesta di quell’Anders Behring Breivik che per certe ragioni sue l’estate scorsa ammazzò un’ottantina di persone tra Oslo e dintorni (isola di Utoya). Di quest’ultimo argomento l’amico sa tutto, e gli piace rievocare accuratamente le fasi salienti della carneficina. Sa mimare il gesto con il quale quello imbracciava il fucile, puntava, ed abbatteva, uno dopo l’altro, dei giovani norvegesi in rapida fuga. Tra incontenibili risate l’amico racconta lo sbarco sull’isola, le prime vittime incredule, le decine di corpi insanguinati sulla spiaggia, il terrore dei giovani braccati. Devo dire che l’amico sa ricreare l’atmosfera, pur con questo tono leggero e certi risolini che in linea di principio si vorrebbero banditi da discorsi del genere; ma il racconto è appassionante e non stanca mai.

Ed ora che quest’uomo particolare è sotto processo nel suo paese, è inevitabile chiedersi se la bilancia della Giustizia, quella che vede su un piatto il dolore di tante persone, non debba avere sull’altro la bonaria allegria che gli stessi avvenimenti suscitano nell’amico, durante lunghi e paciosi pomeriggi pieni di spritz e di chiacchere a vuoto. Possono le lacrime degli uni essere almeno parzialmente asciugate dalla verve umorisitca dell’amico cabarettista, dal senso di placida armonia che egli sa infondere tra i compagni d’aperitivo? Speriamo di sì.