felix lalùFelix Lalù è un personaggio che ha iniziato a girare per Trento quando io avevo ormai smesso. Per cui non ci siamo mai conosciuti, e forse è un peccato, ma alternative non ne vedo. Mi fossi fermato a in Trentino forse avrei conosciuto Felix Lalù, ma mi sarei perso di dormire in spiaggia intere estati. Oppure avrebbe potuto Felix Lalù iniziare prima a girare per Trento, per conoscere me, ma magari sarebbe stato poco più che un quindicenne, e mi avrebbe fatto un po’ schifo. Insomma, tanti giri di parole solo per dire che 1. ho sempre pensato che fare un’intervista fosse una cazzata, basta fare delle domande; 2. non la penso più così.

Dobbiamo quindi prima conoscerci, rompere il ghiaccio, perché io personalmente di Felix Lalù so solo quello che butta nei suoi blogz e nelle sue canzoni.

Ruphus: Felix Lalù e la Piccola Orchestra Felix Lalù sono la stessa cosa? O la Piccola Orchestra Felix Lalù è Felix Lalù con qualcos’altro? Cosa?

Felix Lalù: Partendo dal presupposto che sei quel che fai no? Allora La Piccola Orchestra Felix Lalù è un gruppo fatto di una persona più altri due che ci sono ma non proprio nel vero senso della parola: questi due sono Miroslav Fagocevic al contrabbasso e Florian Egger alla fisarmonica. Poi alle volte si aggiungono altri musicisti. Quest’anno sono stati una sessantina. Non tutti la stessa volta. Felix Lalù invece è solo quello che scrive sul blog e che una volta faceva anche delle cose con l’arte e le mostre finchè le mostre non gli hanno rotto il cazzo e allora più o meno basta ma in realtà è colpa che non c’ha tempo. Poi c’è La Ostia – Registrazioni Artigianali che è quella che fa i video e che anche produce La Piccola Orchestra Felix Lalù. Esiste un rapporto di amicizia e puranche di mutua sopportazione tra queste persone che fanno cose. A volte le confondono, ma se le confondono di solito si offendono e allora sguinzagliano i cani affamati e addestrati a mordere le parti infime blablabla.

ostiaR.: Felix Lalù fa un sacco di cose: se vai sul suo blog, vedi che ha in programma concerti da qui al marzo a venire; ha scritto un libro, o almeno mezzo; organizza cose; ha un sacco di idee e le mette in pratica. Ovvero sembra una persona costantemente ossessionata dal “fare”. Cosa ti spinge a tanto attivismo? L’insoddisfazione per lo stato di cose presente o una voglia di autoaffermazione quasi superomistica?

F.L.: Oh, no, niente affermazione, anche se il superuomo di Nice è un bell’esempio cui aspirare volendo per forza aspirare a qualcosa. Se volessi affermarmi imparerei a fare qualcosa bene e farei solo quello no? Invece di star li a far di tutto senza sapere fare un cazzo a volte è frustrante, fa molto Quijote. Qui in Trentino lo chiamano “bon temp“, è il tempo del non lavoro, il tempo in cui fai che cazzo vuoi. Mi piace far che cazzo voglio.

R.: Parliamo di droghe. Legali, ovviamente. Fumi? Che marca? Quante?

F.L.: Niente, solo quando sono ubriaco e solo tabacco. Le sigarette son schife proprio.

R.: Parliamo di droghe. Legali. Cosa bevi? Quanto?

F.L.: Mi piace il rosso. E anche il resto.

grappaR.: Parliamo di droghe. Illegali. Metti per esempio che vai in casa di uno e ti offrono una grappetta, di quella che “la fa mio zio, di strabauz“: come ti comporti? Attento a come rispondi: se accetti il grappino puoi essere accusato di ricettazione; se te lo bevi, di distruzione della prova di un reato; se poi dici “mmm, che buona“, è apologia di reato; se dai qualche consiglio tipo “potresti aromatizzarla con un po’ di rucola“, e l’anno dopo fanno la grappa come hai detto tu, beh, concorso quanto meno esterno in associazione a delinquere non te lo leva nessuno. Quindi?

F.L.: Se vieni a casa mia c’è quella che fa mio padre più tutte le erbe che ci vuoi mettere. Mai comprato grappa in vita mia, e quella al bar è sempre un po’ slavata.

R.: Parliamo di musica. C’è una canzone di Felix Lalù che mi piace una spanna sopra le altre. Si tratta di Le Lu La Lu. L’ho ascoltata migliaia di volte, e continua a sorprendermi. Soprattutto quando inizia così, all’improvviso, magari con lo stereo spento. Qual’è il segreto di questa canzone?

F.L.: Il ritornello è rubato a una canzone dei International Noise Conspiracy, il gruppo nuovo del cantante dei Refused. Solo quel pezzo in realtà probabilmente è una spalla sopra le altre perché è l’unica con un testo che non è un elenco.

R.: Chi è la Nia de los Gorgojillos?

F.L.: È la mia compagna d’appartamento, canta solo per me perché si vergogna.

R.: Saresti capace di scrivere un’altra canzone altrettanto bella e coinvolgente? Se si, cosa aspetti?

F.L.: Beh, questa è semplice. Aspetto l’aspirazione.

R.: Parliamo di musica. Parliamone (risposta libera)

F.L.: La musica è fica, ma non bisogna star lì tanto a menarsela sulla musica. Meglio farla che parlarne. È come quando racconti al tuo amico di quando ti sei fatto quella, in confronto a quando invece te la sei fatta davvero. Non c’è paragone.

bastarockR.: Parliamo di libri. Tu ne hai scritto uno, o almeno mezzo. Non sono corso a comprarlo perché, verosimilmente, la prima libreria che immagino possa averlo a disposizione si trova a circa chilometri duemila dal mio domicilio abituale. E poi, perché nasconderlo, sto aspettando il giorno in cui saranno le case editrici a mandarmi, gratix, i loro prodotti, affinché io ne parli bene. Per cui parlaci un po’ tu di Bastarock. L’underground dei Bastard Sons of Dioniso. Prova a farci sentire come se il libro lo avessimo già letto, cioè migliori di prima.

F.L.: Bella questa. La gente vede i gruppi suonare nel momento in cui suonano. Da qualche anno vede i MySpace, sentono la musica, vedono i video, bene. Poi leggono le biografie in cui di solito il gruppo racconta in che anno è nato, quali sono i componenti, quanti concorsi hanno vinto, quanti dischi hanno pubblicato, a che gruppone hanno aperto alle quattro del pomeriggio. Ecco nel libro non ci sono tutte queste cagate che si trovano già li e che, obiettivamente, non gliene frega un cazzo a nessuno. C’è una cosa che la gente non vede. È il lavoro che c’è dietro a inventarsi un nome, a cercare la gente con cui suonare, a inventarsi una canzone, a darle una forma con altra gente, altri musicisti che hanno tutti gusti diversi (si spera). Ma anche a trovarsi una sala prove, a caricare e scaricare e poi ad andare in giro a far concerti. Perchè poi lì entri in contatto con una fauna di manzi beoni e gente assurda che fa musica o la va ad ascoltare. La gente non sa cosa vuol dire suonare in giro come facciamo noi. Magari è una cagata, ma è divertente. Ecco, nel libro ci sono queste cose qui. Ah, il libro è questo.

R.: Parliamo di musica. Trentino, terra che rima con vino, certo, ma anche culla di alcuni progetti “laterali” di grandissima levatura. Ho detto “laterali” per dire una cosa che un classificatore di dischi molto pigro potrebbe etichettare come “demenziale”, ma tu ed io sappiamo benissimo quanto questo vocabolo sia restrittivo e castrante. Stiamo parlando dei Capelli di Cesare Ragazzi, stiamo parlando dei The Ficient, dei Supercani e, ovviamente, di Felix Lalù. Qualcosa che va cioè ben oltre il “demenziale”, nato in una terra famosa al mondo unicamente per il suo concilio (concilio che tra l’altro è stato uno dei maggiori assembramenti di puttane dell’era pre-televisiva). I Capelli di Cesare Ragazzi, al pari di Platone, non hanno lasciato traccia documentale ufficiale della loro attività: tu sei in possesso di qualche nastro-pirata sopravissuto all’oblìo dei tempi? me lo passeresti?

F.L.: Se c’è una cosa di cui mi posso beare nella vita è quella di aver salvato dall’oblio I Capelli di Cesare Ragazzi. Quando ho cominciato a frequentare i Supercani, dei geni a cui devo quasi tutto quello che so fare ora, si parlava dei Capelli, ma Gianluchi era restio, sai, lui le cose passate le mette via. Boris mi ha passato le cassettine e sono state una folgorazione. Le so a memoria. Mi son messo li e ho digitalizzato pezzo per pezzo tutte le cassettine. Se vuoi te li mando. I Capelli di Cesare Ragazzi per me sono stati importanti quanto i Rage Against the Machine. Una roba del genere dovrebbe essere insegnata nelle scuole, altro che balle.

R.: Parlaci del tuo ultimo disco / del tuo prossimo disco (a scelta)

F.L.: L’ultimo lo scarichi gratuitamente da qui, c’è poco da dire ma molto da ascoltare. Qui c’è anche lo spot. Il prossimo sarà sicuramente più rock, ma forse anche no.I pezzi nuovi ci sono, basta prendersi il tempo per registrarlo.

R.: Bestemmi?

F.L.: Volentieri.

R.: In privato o anche in pubblico?

F.L.: Anche in pubblico ma poi mi vergogno.

R.: Sei di quelli che preferiscono dire Porcozio o Porcodue?

F.L.: Che gusto c’è? Al massimo Ostia. Quello tanto. Ultimamente ho in voga DioPorcoDio ma in adolescenza col mio socio Roberto passavamo le ore aspetttando che ci raccattassero in autostop inventandoci bestemmie. Tra le migliori: Dio violentatore di negretti, Dio scandinavo, Dio narcotrafficante, Dio nudo in una valle di gay. Poi, come dice il mio socio, “dio è come il nero, sta bene con tutto“. Dio sbadila merda mi sa che esisteva già, ma pensavamo di averla inventata noi. Beata gioventù.

R.: Già. A me piaceva, a suo tempo, pensare di aver inventato Dio straripa merda, e magari l’avevo proprio inventato io. Ha un futuro Felix Lalù? Quale?

F.L.: Ha un presente per il momento. Non è che sto lì a dirti No Future, però in fondo chi se ne incula. Va dove ti porta il clito (cit.)

R.: Cosa ne pensi dei Canadians?

F.L.: Bah, boh. A me i gruppi mezzi acustici mi son sempre sembrati un po’ pacco. Me compreso.

R.: Ciao e grazie.

F.L.: Oh, grazie, la mejo intervista che mi abbiano mai fatto.